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È
davvero calda l'atmosfera che Vasco Rossi e i suoi musicisti hanno creato
con il loro rock trascinante. Sono allo stadio Flaminio di Roma e questa
è una buona occasione per incontrare al termine del concerto Maurizio
Solieri, uno dei chitarristi più amati e apprezzati in Italia,
uno di quelli che si riconoscono dallo stile.
Verso mezzanotte e trenta, sono nei sotterranei dello stadio Flaminio
dove negli spogliatoi/camerini si sono rintanati Vasco e i suoi musicisti
al termine del concerto, inseguiti e abbrancati da uno stuolo di fan che
vogliono conoscerli. Una trentina di stravaganti ragazze fa la fila fuori
dalla porta per poterli toccare, per una foto o un autografo dei loro
beniamini. Un fotografo, forse a causa del mio aspetto grunge, mi scambia
per una di loro e mi spinge addosso a Solieri per uno scatto: "Sono di
EUROPEAN MUSICIAN", dico, e con il "nostro", che in un lampo si ricorda
dell'appuntamento, sgattaioliamo tra la gente e ci infiliamo nel camerino.
EUROPEAN MUSICIAN: Che Strumentazione
usi?
Maurizio Solieri:
Uso amplificatori Marshall con
testate Marshall vecchie fine anni '70 primi anni '80 e modificate da
un mio amico che si chiama Andrea Pennisi. I diffusori sono Anniversary,
le chitarre sono della Hamer europea di cui sono endorser. Sono chitarre
costruite appositamente per me dall'Hamer Shop per questo tour: una doppio
manico sei corde/dodici corde che mi piace moltissimo, da anni sognavo
una doppio manico, che in questo spettacolo uso parecchio così
come nell'ultimo album di Vasco oltre che in quelli precedenti. Inoltre
una Hamer fatta dalla Hamer Custom Shop California con pickup Seymour-Duncan
con un singlecoil al manico e un humbucker al ponte, i ponti sono sempre
Schaller su licenza di Floyd Rose. Il look di questa chitarra è
molto particolare: cassa
nera picchiettata d'oro. L'altra che suono
è una Sunburst Arch Top, praticamente come una Les Paul con un
suono tipo Gibson, il top di acero fiammato e due pickup, sempre Seymour-Duncan.
EM: Usi queste chitarre solo perché
sei loro endorser o perchè credi nella loro qualità?
M.S.: Negli anni ho sempre avuto degli
sponsor, ma questa è la prima volta in cui mi sento veramente a
mio agio con degli strumenti, li sento adeguati. Sono chitarre costruite
molto bene oltre a essere molto costose. Le ho ordinate a gennaio e mi
sono arrivate dopo quattro mesi, infatti le fanno solo su ordinazione.
EM: E che fine hanno fatto la Larivée
e la Shone che hai usato sull'album della Steve Rogers Band nell'89?
M.S.: Era l'88/'89, quella chitarra
era stata progettata da Neil Shone dei Bad English, mentre la Larivée
era un'altra ditta con cui avevo rapporti. Quest'anno sono tornato a un
sistema molto semplice dopo un paio di anni in cui anch'io avevo provato
processori e quant'altro. Possedevo un FX500 della Yamaha e un rack della
Rocktron che ho tutt'ora e che uso per esecuzioni che richiedano suoni
puliti, mentre per i suoni distorti uso il classico suono dell'amplificatore.
EM: Hai fatto questa Scelta perchè
è una tendenza?
M.S.: Premetto che sono un chitarrista
nato musicalmente negli anni '60, i suoni da me usati per tanti anni sono
stati proprio quelli tipici della chitarra dentro l'amplificatore, al
massimo con un overdrive e un pedalino per aumentare il guadagno negli
assoli. Per tanti anni ho usato un semplicissimo equipaggiamento sia in
studio che dal vivo. Avevo due set di strumenti distinti, uno per i suoni
distorti Marshall e l'altro per i suoni puliti per i quali usavo i Fender
collegati con delle casse Fender e un piccolo chorus della Boss soltanto
per amplificare un poco il suono. Poi ho avuto la fase durata un paio
di anni in cui ho voluto provare tutti i processori, forse anche perchè
era di moda, e quest'anno già col disco nuovo di Vasco, fatto secondo
stilemi anni '70 con suoni molto veri, quando siamo andati a fare le prove
sono stato quasi costretto a tornare alla semplicità e per questo
devo ringraziare il nostro fonico che mi ha affettuosamente convinto a
usare il mio vecchio equipaggiamento. Quando sei abituato a usare i processori,
il suono è bello, ci sono i gate, non ci sono rumori, non ci sono
gli scricchiolii, però la resa del suono è molto inferiore
oppure devi suonare in trio, magari chitarra, basso e batteria.
EM: Gli strumenti che suoni dai vivo
sono gli stessi dei disco "Gli spari sopra" di Vasco Rossi?
M.S.: Grosso modo sì... Comunque
io ho altre chitarre a casa, parecchie Gibson, per anni poi ho usato molte
Stratocaster, posseggo una Les Paul Junior del '56, poi una Gibson 125
semiacustica del '56...
EM: ... quasi un collezionista...
M.S.: No, non lo sono, amo tanto le chitarre ma non ho proprio la mentalità
del collezionista che conosce la chitarra fino all'ultima vite da cui
sa risalire all'annata, a me piacciono gli strumenti che suonano bene.
EM: Queste chitarre te le tieni bene
strette a casa...
M.S.: Il punto è che una chitarra
Vintage, per esempio, pur essendo bellissima, dal vivo non si può
usare oppure si dovrebbe modificare. Le mie Gibson sono meravigliose,
ma come si fa a portarle su un palco, dal vivo devi usare delle chitarre
che abbiano dei blocca-corde seri, dei Floyd Rose o degli Schaller, perchè
con l'umidità, le luci e cose simili, la chitarra si scorda in
un attimo. Se arrivi con la bellissima Les Paul d'annata, dopo tre pezzi
è già scordata, quindi magari le uso in studio perchè
dal vivo è quasi impossibile. Per continuare la lista delle mie
chitarre posseggo una Burns, chitarra che usavo molti anni fa e presente
in molti dischi di Vasco fino all'82/83, una chitarra inglese che adesso
non fanno più con dei suoni molto particolari che distorti ricordavano
quelli di Bryan May, molto caldi quasi violinistici. Al
contrario, pulita aveva suoni un po' in controfase, nasali, particolari.
È una chitarra che si può ascoltare in tanti pezzi, "Una
canzone per te", "Vita spericolata", possiede una sonorità pulita,
cristallina, non "fenderosa" ma un po' più nasale, è un
modello insolito, sembra una chitarra acustica ma è una semiacustica
con una piastra d'acciaio applicata sul foro, quindi è molto particolare
come non se ne vedono molte in giro.
EM:
Visto che hai parlato di scordature, partiamo di accordature e di quali
corde usi.
M.S.: Normalmente tengo l'accordatura
standard. Uso corde GHS sia acustiche che elettriche. La scalatura dell'elettrica
è .08, .011, ,11, ,14, .22, .38, .42. Per la chitarra acustica
uso GHS Phosphor Bonds ultralight/extra light a seconda di quello che
trovo anche se preferisco queste ultime. Le monto sulla mia chitarra acustica
Landola, una chitarra che viene fabbricata nei paesi del Nord con un trasduttore
Fishman. Queste chitarre si basano soprattutto sui pickup, vengono amplificate
ma il suono non varia di molto. I
plettri sono Gauss Speedboy fluorescenti. La
pedaliera molto semplice è collegata via MIDI con tutto il sistema
Rocktron Intellifex etc. per ottenere un minimo di delay, poi uso una
pedaliera quasi autocostruita con un deviatore che mi splitta il segnale
da pulito a distorto e un overdrive Chandler valvolare che uso nei soli,
un accordatore Boss, un altro deviatore che mi ripartisce il segnale dalla
chitarra con il trasmettitore alla chitarra col cavo. Un sistema semplicissimo,
quasi rustico. Ultimamente infatti mi è tornata la voglia di cose
semplici che secondo me funzionano meglio.
EM: La Steve Rogers Band (di cui hai
fatto parte qualche anno fa) è un progetto che ha un futuro?
M.S.: Mi sono staccato dal gruppo
non per problemi con gli altri ragazzi con cui siamo amicissimi, con Massimo
Riva per esempio continuo a collaborare sia come autore sia come chitarrista
in quanto la nostra amicizia dura da quindici anni. Nel 1990 ho deciso
di andarmene perchè vedevo che non c'era interesse da parte della
casa discografica. In fondo abbiamo fatto quattro dischi: "I duri non
ballano", "Alzati la gonna", "Steve Rogers Band", "Sono donne". Con "Alzati
la gonna" eravamo riusciti a entrare ai primi posti della classifica,
tutto era andato bene, abbiamo partecipato a Sanremo, ma ci è sembrato
che la nostra casa discografica ci abbia strumentalizzati. Così
da un presente ricco di grandi soddisfazioni ci siamo trovati, sperando
in un futuro migliore, in un presente di merda. Abbiamo deciso di rimboccarci
le maniche e abbiamo realizzato "Sono donne", album in cui credevamo e
che rappresentava a nostro avviso un passo avanti nella nostra produzione
oltre al fatto che secondo noi conteneva molti pezzi che potevano essere
utilizzati come possibili singoli. Non è stato fatto niente da
parte dei discografici, così alla fine della solita tournée
estiva passata all'insegna delle feste di piazza, ho deciso di mollare
perchè la mia immagine di musicista si stava offuscando. Certo
di gratificazioni ne ho avute sempre molte, la gente mi seguiva ma dopo
aver raggiunto i primi posti delle classifiche, ritrovarmi ai Festival
di Rocca Cannuccia mi ha fatto pensare che c'era qualcosa che non funzionava.
Parlando di nuovo con Vasco ho pensato che fosse meglio lavorare ad alti
livelli piuttosto che stare ad inseguire delle chimere.
EM: Hai progetti diversi che non siano
la collaborazione con Vasco Rossi?
M.S.:
In futuro mi piacerebbe fare un disco da solo, non di quelli masturbatori
solo chitarristici ma un disco di musica, qualcosa di ambizioso magari
con ospiti, più su un genere pittorico tipo Mark Knopfler, d'atmosfera,
cose che facciano vibrare. Non parlo di pezzi con temino, sei minuti di
assolo e il temino che torna alla fine, non è proprio il mio genere.
Vorrei fare qualcosa di più compiuto anche perchè nell'ambiente
più o meno conosco tutti i musicisti.
EM: In questo progetto ideale la chitarra
protagonista è tua o pensi ad altri chitarristi?
M.S.: Ci potrebbero anche essere altri
chitarristi, da molti anni desidererei fare delle cose insieme ad altri
e spesso mi sono proposto. Purtroppo l'ambiente italiano è di idee
molto ristrette. Si parla tanto ... "faremo faremo" ... ma alla fine non
si fa mai niente perché ognuno ha il suo piccolo giro chiuso e
viziato.
EM: Mi pare che finora il business
della musica abbia puntato più sul personaggio che sulla qualità
della musica...
M.S.: Al di là della musica
so di avere uno stile ben preciso, suono rock ma mi piace suonare anche
altri generi. Sarebbe bello se, come in America e in altri paesi, nel
tal pezzo suonasse il tale o talaltro musicista. Sarebbe
stimolante confrontarmi magari con uno stile musicale completamente diverso
dal mio, magari risulterebbe un modo per verificare i propri limiti e
le proprie capacità. In
Italia purtroppo tra i musicisti ci sono le gare, non la collaborazione
e questo rappresenta un grosso limite. Un simile modo di ragionare non
mi appartiene ma tenterò comunque anche se non è detto che
questo progetto mi riesca.
EM: Quando viene richiesta la tua
partecipazione a un disco come ti poni nei confronti dei pezzi che devi
suonare?
M.S.: Premetto che non ho mai fatto
il session man e le collaborazioni sono sempre state quelle all'interno
del nostro staff: le produzioni di Guido Emmi che è sempre stato
produttore di Vasco e della Steve Rogers Band. Non ho mai fatto il turnista
perché ho bisogno di suonare come mi pare, ho bisogno di essere
libero di esprimermi e con loro ho potuto farlo. Un'altra
cosa che vorrei fare è produrre.
EM: È solo un'idea o esiste
già qualcosa?
M.S.: Lo sto facendo anche se fino
a questo momento ho prodotto soprattutto dei demo. Lo
scorso anno facemmo un lavoro per un cantautore romano che non so se riuscirà
mai...
Il nostro lavoro lo abbiamo fatto bene poi come al solito sono sopravvenuti
dei problemi con le case discografiche, io però non demordo, voglio
andare avanti perché nel mio futuro
vorrei fare anche il produttore oltre che continuare a suonare. Quello
che vorrò fare è scrivere canzoni e suonare la chitarra
nel contesto di progetti in cui mi sento a mio agio e mi calzano a pennello.
EM: Facciamo un passo indietro. Quando
hai iniziato a suonare la chitarra?
M.S.: Ho cominciato a dieci/undici
anni con la chitarra che mi regalò mia madre, sono andato un po'
a lezione dal maestro della banda del mio paese ma non ho mai fatto studi
seri quindi mi ritengo un autodidatta. Nonostante mi piacerebbe conoscere
la musica, trovo che dopo tanti anni di professione
sia difficile tornare a studiare.
Appartengo a una generazione di chitarristi che hanno imparato tutto da
soli con i dischi.
Adesso è più facile iniziare: i ragazzini di quindici anni
vanno in edicola e comprano le cassette didattiche dei migliori chitarristi
che mostrano i riff e le tecniche più ardite. Ho iniziato a suonare
ascoltando Elvis Presley, lo aveva portato mio fratello di ritorno dall'America
quando io ero ancora piccolo e quello era il genere di dischi che si ascoltava
a casa mia.
Abitando in un piccolo paese non avevo la possibilità di frequentare
delle scuole di musica, inoltre provengo da una famiglia di laureati,
mio padre per esempio è medico, ciò che avrei dovuto fare
anch'io. Ho frequentato il liceo classico, ho seguito per qualche anno
l'Università ma ho capito che non era per me. Così ho iniziato
a formare i miei gruppetti beat tipo Equipe '84, era la metà degli
anni Sessanta, '66/'67, imitavamo i primi Rolling Stones, i Beatles, i
Glam, i Kinks, i gruppi che andavano allora insomma o gruppi italiani
come i Giganti. Poi sono andato avanti, dopo Elvis ho ascoltato dagli
Stones ai Beatles, dal Blues all'hard rock inglese al rock americano fino
ad arrivare alle ultime tendenze. Al momento ascolto un po' di tutto.
EM: Ti hanno mai chiesto di insegnare?
M.S.: Molta gente me lo chiede ma
non saprei da dove cominciare.
EM: Magari potresti pensare a una
videocassetta di Maurizio Solieri.
M.S.: In teoria la potrei fare benissimo
ma qui in Italia siamo sempre a livelli pionieristici, poi delle volte
mi dico: con le decine e decine di videocassette che ci sono in giro di
tutti i più grandi chitarristi del mondo, che cosa potrei aggiungere
di nuovo? Al limite potrei parlare di come sento la musica, di come vedo
le cose, di come il musicista, il ragazzo che si avvicina allo strumento
si deve predisporre. Potrei dare dei consigli tipo: non fermarsi al tecnicismo
imperante ma cercare di ragionare un pochino anche col cuore, di partire
prima dalla bella canzone e magari poi continuare e fare un solo, in fondo
è quello che ho sempre fatto anch'io, un'impostazione che con il
tempo ha pagato. Bisogna essere consapevoli del fatto che il grosso pubblico
non si intende tecnicamente di musica. Io stasera ho suonato e non mi
sono piaciuto per una serie di problemi tecnici che abbiamo avuto sul
palco. Noi musicisti sappiamo fino a che punto possiamo arrivare ma è
sempre difficile raggiungere quel punto perché ci sono di mezzo
sempre dei guai tecnici: il
basso che si sente troppo, la batteria che si sente poco ... tutte cose
che ti inibiscono.
EM: Perché questa sera non
ti sei piaciuto?
M.S.: Perché ho suonato un
po' in punta di forchetta mentre l'ideale sarebbe partire dalle proprie
sicurezze, andare e improvvisare, questo sarebbe il vero godimento per
il musicista, ma non sempre è possibile perchè quando non
ci sono i problemi tecnici magari ci sono gli affari tuoi e ti capita
di non essere proprio sicuro di quello che stai facendo e il mio cruccio
è che spesso e volentieri so che potremmo rendere di più.
EM: Qual'è
il tuo metodo di lavoro con Vasco Rossi?
M.S.: Spesso e volentieri scrivo la
musica, faccio dei demo, me li canto magari con un testo in finto inglese
che realizzo su un dodici piste a casa di un mio amico. Non che io sia
contro la tecnologia ma proprio non ne capisco niente, vorrei molto, invidio
la gente che in casa propria ha il suo quattro piste, otto piste ... Io
dopo tanti anni faccio ancora i pezzi a casa mia sulla chitarra acustica,
attacco un piccolo Zoom all'impianto stereo e vado. Abbozzato il pezzo,
lo porto a Vasco, e se gli piace ...
EM: ... ci mette le parole sopra ...
M.S. : Sì, lui ci mette le
parole.
EM: Quindi Vasco non compone musica.
M.S.:
No, a volte fa qualche riff o magari gli viene in mente un giro armonico
che noi sviluppiamo.
EM: Chi si occupa degli arrangiamenti?
M.S.: Li facciamo insieme, io faccio
quasi sempre gli arrangiamenti delle chitarre, poi seguiamo i consigli
del produttore Guido Elmi.
che dà delle indicazioni ben precise e tutti insieme in un lavoro
d'equipe collaboriamo alla realizzazione del prodotto.
EM: Visto che suoni dagli anni Sessanta,
di chitarristi ne avrai visti crescere chi sa quanti. Ce n'è uno
che ti pare emerga?
M.S.: Adesso come adesso Andrea Braido
è il non plus ultra per quanto riguarda la tecnica. Lui è
esattamente il mio opposto, il superstudioso e il supervirtuoso.
EM: Tu sei composto quando suoni e
lui è un esagitato.
M.S.: Io sono nato con chitarristi
come Eric Clapton, Jeff Beck, Jimmy Page, comunque ho sempre invidiato
chitarristi che riuscivano a suonare bene e contemporaneamente fare una
grande scena. Purtroppo non è il mio stile e allora preferisco
starmene fermo.
Andrea Braido è proprio il mio opposto, tra l'altro è molto
più giovane, io ho quarant'anni e lui ne ha ventisette/ventotto,
quindi incarna perfettamente il chitarrista di oggi. Ci sono dei quindicenni
che fanno paura, tecnicamente io non riuscirò mai a fare quel genere
di cose ma forse non mi interessa neanche. Ho ascoltato tanti chitarristi,
mi piacciono Steve Vay o Paul Gilbert, ma ultimamente sono tornato a Peter
Frampton, mi sono un po' stancato di ascoltare diecimila tapping e cose
simili. Personalmente non uso quasi più la leva del vibrato e sono
arrivato a un punto dopo tanti anni, in cui ho bisogno di tomare da dove
ho incominciato, ho voglia di semplicità e questa è la qualità
che mi viene richiesta all'interno dello spettacolo di Vasco.
EM: La voglia di iniziare a suonare
ti è scattata
con la passione per un chitarrista in particolare?
M.S.: Non è stato un chitarrista
che mi ha fatto scattare la molla ma l'ascolto della musica. Che mi trovassi
una chitarra tra le mani capitò casualmente, fu un regalo di mia
madre, ricordo che la pagò 800 Lire, cominciai ad accordarla come
meglio potevo e da lì partì il resto. Già da bambino
i miei avevano capito che ero portato per attività artistiche e
così mi assecondarono. Il primo che mi abbia introdotto nell'universo
della chitarra al di là della chitarra pulita, cristallina come
la poteva suonare nei primi anni Sessanta George Harrison è stato
Jeff Beck. All'epoca i suoi suoni erano considerati lunari. Poi sono arrivati
tutti gli altri e con Jimi Hendrix è stata la folgorazione per
tutti per non parlare dei Led Zeppelin, dei Doors o di Eric Clapton che
ho amato e che amo ancora, tuttora mi viene la pelle d'oca quando lo ascolto
suonare la chitarra.
EM: Tomando a Andrea Braido, non hai
problemi a stare sul palco con una persona così esuberante?
M.S.: No, perchè abbiamo due
stili completamente diversi.
EM: Quindi in qualche modo vi sentite
complementari.
M.S.: Certo, d'altra parte lo spettacolo
è basato sulle due chitarre: lui è il superfunambolico,
io il romantico. È lo spettacolo di Vasco Rossi e ognuno collabora
e dà il meglio di sè, penso che ci sia equilibrio e che
si noti dallo spettacolo, lui ha la sua parte e io la mia. Cerchiamo il
più possibile di non suonarci addosso, quando lui esegue la ritmica
non la faccio io perché anche se tutti e due facciamo gli ottavi,
di sicuro l'accento dell'uno sarà diverso da quello dell'altro.
EM: Sono cose concordate prima?
M.S.: Certo, abbiamo fatto mesi e
mesi di prove. Dopo il tour dei palasport c'è stato un altro periodo
di prove a Milano in cui scientificarnente con il nostro produttore abbiamo
analizzato i pezzi e suonando abbiamo stabilito chi doveva intervenire
dove.
EM: Comunque
a parte il fatto che stasera non ti sei piaciuto, si vede che vi divertite.
M.S.: Nel tour dei palasport ci siamo
divertiti molto soprattutto perchè noi musicisti sul palco
eravamo più vicini gli unì agli altri. Ora negli stadi uno
suona lì, l'altro laggiù ... Quella
parte del tour è stata molto bella, in questa non si riescono a
fare più di due o tre concerti di fila, la scenografia dello spettacolo
è talmente megagalattica che ci vogliono due giorni per montarla,
quindi dopo un concerto si sta anche quattro giomi fermi. Così,
interrompendo continuamente il feeling, capita che una sera vada tutto
bene dal punto di vista tecnico e psicologico, un'altra invece un po'
meno. L'una
di notte è passata già da un po' e l'intervista va avanti
da più di mezz'ora, saluto Maurizio Solieri che è stato
molto disponibile e lo vedo allontanarsi con gli altri musicisti.
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