MAURIZIO SOLIERI
Romantico rocker
EUROPEAN MUSICIAN gennaio 1994

di Cinzia Donti
 

 

 

È davvero calda l'atmosfera che Vasco Rossi e i suoi musicisti hanno creato con il loro rock trascinante. Sono allo stadio Flaminio di Roma e questa è una buona occasione per incontrare al termine del concerto Maurizio Solieri, uno dei chitarristi più amati e apprezzati in Italia, uno di quelli che si riconoscono dallo stile.
Verso mezzanotte e trenta, sono nei sotterranei dello stadio Flaminio dove negli spogliatoi/camerini si sono rintanati Vasco e i suoi musicisti al termine del concerto, inseguiti e abbrancati da uno stuolo di fan che vogliono conoscerli. Una trentina di stravaganti ragazze fa la fila fuori dalla porta per poterli toccare, per una foto o un autografo dei loro beniamini. Un fotografo, forse a causa del mio aspetto grunge, mi scambia per una di loro e mi spinge addosso a Solieri per uno scatto: "Sono di EUROPEAN MUSICIAN", dico, e con il "nostro", che in un lampo si ricorda dell'appuntamento, sgattaioliamo tra la gente e ci infiliamo nel camerino.


EUROPEAN MUSICIAN: Che Strumentazione usi?

Maurizio Solieri: Uso amplificatori Marshall
con testate Marshall vecchie fine anni '70 primi anni '80 e modificate da un mio amico che si chiama Andrea Pennisi. I diffusori sono Anniversary, le chitarre sono della Hamer europea di cui sono endorser. Sono chitarre costruite appositamente per me dall'Hamer Shop per questo tour: una doppio manico sei corde/dodici corde che mi piace moltissimo, da anni sognavo una doppio manico, che in questo spettacolo uso parecchio così come nell'ultimo album di Vasco oltre che in quelli precedenti. Inoltre una Hamer fatta dalla Hamer Custom Shop California con pickup Seymour-Duncan con un singlecoil al manico e un humbucker al ponte, i ponti sono sempre Schaller su licenza di Floyd Rose. Il look di questa chitarra è molto particolare: cassa nera picchiettata d'oro. L'altra che suono è una Sunburst Arch Top, praticamente come una Les Paul con un suono tipo Gibson, il top di acero fiammato e due pickup, sempre Seymour-Duncan.
EM: Usi queste chitarre solo perché sei loro endorser o perchè credi nella loro qualità?

M.S.: Negli anni ho sempre avuto degli sponsor, ma questa è la prima volta in cui mi sento veramente a mio agio con degli strumenti, li sento adeguati. Sono chitarre costruite molto bene oltre a essere molto costose. Le ho ordinate a gennaio e mi sono arrivate dopo quattro mesi, infatti le fanno solo su ordinazione.

EM: E che fine hanno fatto la Larivée e la Shone che hai usato sull'album della Steve Rogers Band nell'89?

M.S.: Era l'88/'89, quella chitarra era stata progettata da Neil Shone dei Bad English, mentre la Larivée era un'altra ditta con cui avevo rapporti. Quest'anno sono tornato a un sistema molto semplice dopo un paio di anni in cui anch'io avevo provato processori e quant'altro. Possedevo un FX500 della Yamaha e un rack della Rocktron che ho tutt'ora e che uso per esecuzioni che richiedano suoni puliti, mentre per i suoni distorti uso il classico suono dell'amplificatore.

EM: Hai fatto questa Scelta perchè è una tendenza?

M.S.: Premetto che sono un chitarrista nato musicalmente negli anni '60, i suoni da me usati per tanti anni sono stati proprio quelli tipici della chitarra dentro l'amplificatore, al massimo con un overdrive e un pedalino per aumentare il guadagno negli assoli. Per tanti anni ho usato un semplicissimo equipaggiamento sia in studio che dal vivo. Avevo due set di strumenti distinti, uno per i suoni distorti Marshall e l'altro per i suoni puliti per i quali usavo i Fender collegati con delle casse Fender e un piccolo chorus della Boss soltanto per amplificare un poco il suono. Poi ho avuto la fase durata un paio di anni in cui ho voluto provare tutti i processori, forse anche perchè era di moda, e quest'anno già col disco nuovo di Vasco, fatto secondo stilemi anni '70 con suoni molto veri, quando siamo andati a fare le prove sono stato quasi costretto a tornare alla semplicità e per questo devo ringraziare il nostro fonico che mi ha affettuosamente convinto a usare il mio vecchio equipaggiamento. Quando sei abituato a usare i processori, il suono è bello, ci sono i gate, non ci sono rumori, non ci sono gli scricchiolii, però la resa del suono è molto inferiore oppure devi suonare in trio, magari chitarra, basso e batteria.

EM: Gli strumenti che suoni dai vivo sono gli stessi dei disco "Gli spari sopra" di Vasco Rossi?

M.S.: Grosso modo sì... Comunque io ho altre chitarre a casa, parecchie Gibson, per anni poi ho usato molte Stratocaster, posseggo una Les Paul Junior del '56, poi una Gibson 125 semiacustica del '56...

EM: ... quasi un collezionista...

M.S.: No, non lo sono, amo tanto le chitarre ma non ho proprio la mentalità del collezionista che conosce la chitarra fino all'ultima vite da cui sa risalire all'annata, a me piacciono gli strumenti che suonano bene.

EM: Queste chitarre te le tieni bene strette a casa...

M.S.: Il punto è che una chitarra Vintage, per esempio, pur essendo bellissima, dal vivo non si può usare oppure si dovrebbe modificare. Le mie Gibson sono meravigliose, ma come si fa a portarle su un palco, dal vivo devi usare delle chitarre che abbiano dei blocca-corde seri, dei Floyd Rose o degli Schaller, perchè con l'umidità, le luci e cose simili, la chitarra si scorda in un attimo. Se arrivi con la bellissima Les Paul d'annata, dopo tre pezzi è già scordata, quindi magari le uso in studio perchè dal vivo è quasi impossibile. Per continuare la lista delle mie chitarre posseggo una Burns, chitarra che usavo molti anni fa e presente in molti dischi di Vasco fino all'82/83, una chitarra inglese che adesso non fanno più con dei suoni molto particolari che distorti ricordavano quelli di Bryan May, molto caldi quasi violinistici.
Al contrario, pulita aveva suoni un po' in controfase, nasali, particolari. È una chitarra che si può ascoltare in tanti pezzi, "Una canzone per te", "Vita spericolata", possiede una sonorità pulita, cristallina, non "fenderosa" ma un po' più nasale, è un modello insolito, sembra una chitarra acustica ma è una semiacustica con una piastra d'acciaio applicata sul foro, quindi è molto particolare come non se ne vedono molte in giro.
EM: Visto che hai parlato di scordature, partiamo di accordature e di quali corde usi.

M.S.: Normalmente tengo l'accordatura standard. Uso corde GHS sia acustiche che elettriche. La scalatura dell'elettrica è .08, .011, ,11, ,14, .22, .38, .42. Per la chitarra acustica uso GHS Phosphor Bonds ultralight/extra light a seconda di quello che trovo anche se preferisco queste ultime. Le monto sulla mia chitarra acustica Landola, una chitarra che viene fabbricata nei paesi del Nord con un trasduttore Fishman. Queste chitarre si basano soprattutto sui pickup, vengono amplificate ma il suono non varia di molto.
I plettri sono Gauss Speedboy fluorescenti. La pedaliera molto semplice è collegata via MIDI con tutto il sistema Rocktron Intellifex etc. per ottenere un minimo di delay, poi uso una pedaliera quasi autocostruita con un deviatore che mi splitta il segnale da pulito a distorto e un overdrive Chandler valvolare che uso nei soli, un accordatore Boss, un altro deviatore che mi ripartisce il segnale dalla chitarra con il trasmettitore alla chitarra col cavo. Un sistema semplicissimo, quasi rustico. Ultimamente infatti mi è tornata la voglia di cose semplici che secondo me funzionano meglio.
EM: La Steve Rogers Band (di cui hai fatto parte qualche anno fa) è un progetto che ha un futuro?

M.S.: Mi sono staccato dal gruppo non per problemi con gli altri ragazzi con cui siamo amicissimi, con Massimo Riva per esempio continuo a collaborare sia come autore sia come chitarrista in quanto la nostra amicizia dura da quindici anni. Nel 1990 ho deciso di andarmene perchè vedevo che non c'era interesse da parte della casa discografica. In fondo abbiamo fatto quattro dischi: "I duri non ballano", "Alzati la gonna", "Steve Rogers Band", "Sono donne". Con "Alzati la gonna" eravamo riusciti a entrare ai primi posti della classifica, tutto era andato bene, abbiamo partecipato a Sanremo, ma ci è sembrato che la nostra casa discografica ci abbia strumentalizzati. Così da un presente ricco di grandi soddisfazioni ci siamo trovati, sperando in un futuro migliore, in un presente di merda. Abbiamo deciso di rimboccarci le maniche e abbiamo realizzato "Sono donne", album in cui credevamo e che rappresentava a nostro avviso un passo avanti nella nostra produzione oltre al fatto che secondo noi conteneva molti pezzi che potevano essere utilizzati come possibili singoli. Non è stato fatto niente da parte dei discografici, così alla fine della solita tournée estiva passata all'insegna delle feste di piazza, ho deciso di mollare perchè la mia immagine di musicista si stava offuscando. Certo di gratificazioni ne ho avute sempre molte, la gente mi seguiva ma dopo aver raggiunto i primi posti delle classifiche, ritrovarmi ai Festival di Rocca Cannuccia mi ha fatto pensare che c'era qualcosa che non funzionava. Parlando di nuovo con Vasco ho pensato che fosse meglio lavorare ad alti livelli piuttosto che stare ad inseguire delle chimere.

EM: Hai progetti diversi che non siano la collaborazione con Vasco Rossi?
M.S.: In futuro mi piacerebbe fare un disco da solo, non di quelli masturbatori solo chitarristici ma un disco di musica, qualcosa di ambizioso magari con ospiti, più su un genere pittorico tipo Mark Knopfler, d'atmosfera, cose che facciano vibrare. Non parlo di pezzi con temino, sei minuti di assolo e il temino che torna alla fine, non è proprio il mio genere.
Vorrei fare qualcosa di più compiuto anche perchè nell'ambiente più o meno conosco tutti i musicisti.

EM: In questo progetto ideale la chitarra protagonista è tua o pensi ad altri chitarristi?

M.S.: Ci potrebbero anche essere altri chitarristi, da molti anni desidererei fare delle cose insieme ad altri e spesso mi sono proposto. Purtroppo l'ambiente italiano è di idee molto ristrette. Si parla tanto ... "faremo faremo" ... ma alla fine non si fa mai niente perché ognuno ha il suo piccolo giro chiuso e viziato.

EM: Mi pare che finora il business della musica abbia puntato più sul personaggio che sulla qualità della musica...

M.S.: Al di là della musica so di avere uno stile ben preciso, suono rock ma mi piace suonare anche altri generi. Sarebbe bello se, come in America e in altri paesi, nel tal pezzo suonasse il tale o talaltro musicista. Sa
rebbe stimolante confrontarmi magari con uno stile musicale completamente diverso dal mio, magari risulterebbe un modo per verificare i propri limiti e le proprie capacità. In Italia purtroppo tra i musicisti ci sono le gare, non la collaborazione e questo rappresenta un grosso limite. Un simile modo di ragionare non mi appartiene ma tenterò comunque anche se non è detto che questo progetto mi riesca.
EM: Quando viene richiesta la tua partecipazione a un disco come ti poni nei confronti dei pezzi che devi suonare?

M.S.: Premetto che non ho mai fatto il session man e le collaborazioni sono sempre state quelle all'interno del nostro staff: le produzioni di Guido Emmi che è sempre stato produttore di Vasco e della Steve Rogers Band. Non ho mai fatto il turnista perché ho bisogno di suonare come mi pare, ho bisogno di essere libero di esprimermi e con loro ho potuto farlo.
Un'altra cosa che vorrei fare è produrre.
EM: È solo un'idea o esiste già qualcosa?

M.S.: Lo sto facendo anche se fino a questo momento ho prodotto soprattutto dei demo.
Lo scorso anno facemmo un lavoro per un cantautore romano che non so se riuscirà mai... Il nostro lavoro lo abbiamo fatto bene poi come al solito sono sopravvenuti dei problemi con le case discografiche, io però non demordo, voglio andare avanti perché nel mio futuro vorrei fare anche il produttore oltre che continuare a suonare. Quello che vorrò fare è scrivere canzoni e suonare la chitarra nel contesto di progetti in cui mi sento a mio agio e mi calzano a pennello.
EM: Facciamo un passo indietro. Quando hai iniziato a suonare la chitarra?

M.S.: Ho cominciato a dieci/undici anni con la chitarra che mi regalò mia madre, sono andato un po' a lezione dal maestro della banda del mio paese ma non ho mai fatto studi seri quindi mi ritengo un autodidatta. Nonostante mi piacerebbe conoscere la musica, trovo che dopo tanti anni di
professione sia difficile tornare a studiare.
Appartengo a una generazione di chitarristi che hanno imparato tutto da soli con i dischi.

Adesso è più facile iniziare: i ragazzini di quindici anni vanno in edicola e comprano le cassette didattiche dei migliori chitarristi che mostrano i riff e le tecniche più ardite. Ho iniziato a suonare ascoltando Elvis Presley, lo aveva portato mio fratello di ritorno dall'America quando io ero ancora piccolo e quello era il genere di dischi che si ascoltava a casa mia.

Abitando in un piccolo paese non avevo la possibilità di frequentare delle scuole di musica, inoltre provengo da una famiglia di laureati, mio padre per esempio è medico, ciò che avrei dovuto fare anch'io. Ho frequentato il liceo classico, ho seguito per qualche anno l'Università ma ho capito che non era per me. Così ho iniziato a formare i miei gruppetti beat tipo Equipe '84, era la metà degli anni Sessanta, '66/'67, imitavamo i primi Rolling Stones, i Beatles, i Glam, i Kinks, i gruppi che andavano allora insomma o gruppi italiani come i Giganti. Poi sono andato avanti, dopo Elvis ho ascoltato dagli Stones ai Beatles, dal Blues all'hard rock inglese al rock americano fino ad arrivare alle ultime tendenze. Al momento ascolto un po' di tutto.

EM: Ti hanno mai chiesto di insegnare?

M.S.: Molta gente me lo chiede ma non saprei da dove cominciare.
EM: Magari potresti pensare a una videocassetta di Maurizio Solieri.
M.S.: In teoria la potrei fare benissimo ma qui in Italia siamo sempre a livelli pionieristici, poi delle volte mi dico: con le decine e decine di videocassette che ci sono in giro di tutti i più grandi chitarristi del mondo, che cosa potrei aggiungere di nuovo? Al limite potrei parlare di come sento la musica, di come vedo le cose, di come il musicista, il ragazzo che si avvicina allo strumento si deve predisporre. Potrei dare dei consigli tipo: non fermarsi al tecnicismo imperante ma cercare di ragionare un pochino anche col cuore, di partire prima dalla bella canzone e magari poi continuare e fare un solo, in fondo è quello che ho sempre fatto anch'io, un'impostazione che con il tempo ha pagato. Bisogna essere consapevoli del fatto che il grosso pubblico non si intende tecnicamente di musica. Io stasera ho suonato e non mi sono piaciuto per una serie di problemi tecnici che abbiamo avuto sul palco. Noi musicisti sappiamo fino a che punto possiamo arrivare ma è sempre difficile raggiungere quel punto perché ci sono di mezzo sempre dei guai tecnici:
il basso che si sente troppo, la batteria che si sente poco ... tutte cose che ti inibiscono.
EM: Perché questa sera non ti sei piaciuto?

M.S.: Perché ho suonato un po' in punta di forchetta mentre l'ideale sarebbe partire dalle proprie sicurezze, andare e improvvisare, questo sarebbe il vero godimento per il musicista, ma non sempre è possibile perchè quando non ci sono i problemi tecnici magari ci sono gli affari tuoi e ti capita di non essere proprio sicuro di quello che stai facendo e il mio cruccio è che spesso e volentieri so che potremmo rendere di più.

EM: Qual'è il tuo metodo di lavoro con Vasco Rossi?

M.S.: Spesso e volentieri scrivo la musica, faccio dei demo, me li canto magari con un testo in finto inglese che realizzo su un dodici piste a casa di un mio amico. Non che io sia contro la tecnologia ma proprio non ne capisco niente, vorrei molto, invidio la gente che in casa propria ha il suo quattro piste, otto piste ... Io dopo tanti anni faccio ancora i pezzi a casa mia sulla chitarra acustica, attacco un piccolo Zoom all'impianto stereo e vado. Abbozzato il pezzo, lo porto a Vasco, e se gli piace ...
EM: ... ci mette le parole sopra ...
M.S. : Sì, lui ci mette le parole.
EM: Quindi Vasco non compone musica.
M.S.: No, a volte fa qualche riff o magari gli viene in mente un giro armonico che noi sviluppiamo.
EM: Chi si occupa degli arrangiamenti?
M.S.: Li facciamo insieme, io faccio quasi sempre gli arrangiamenti delle chitarre, poi seguiamo i consigli del produttore Guido Elmi.
che dà delle indicazioni ben precise e tutti insieme in un lavoro d'equipe collaboriamo alla realizzazione del prodotto.
EM: Visto che suoni dagli anni Sessanta, di chitarristi ne avrai visti crescere chi sa quanti. Ce n'è uno che ti pare emerga?
M.S.: Adesso come adesso Andrea Braido è il non plus ultra per quanto riguarda la tecnica. Lui è esattamente il mio opposto, il superstudioso e il supervirtuoso.
EM: Tu sei composto quando suoni e lui è un esagitato.
M.S.: Io sono nato con chitarristi come Eric Clapton, Jeff Beck, Jimmy Page, comunque ho sempre invidiato chitarristi che riuscivano a suonare bene e contemporaneamente fare una grande scena. Purtroppo non è il mio stile e allora preferisco starmene fermo.
Andrea Braido è proprio il mio opposto, tra l'altro è molto più giovane, io ho quarant'anni e lui ne ha ventisette/ventotto, quindi incarna perfettamente il chitarrista di oggi. Ci sono dei quindicenni che fanno paura, tecnicamente io non riuscirò mai a fare quel genere di cose ma forse non mi interessa neanche. Ho ascoltato tanti chitarristi, mi piacciono Steve Vay o Paul Gilbert, ma ultimamente sono tornato a Peter Frampton, mi sono un po' stancato di ascoltare diecimila tapping e cose simili. Personalmente non uso quasi più la leva del vibrato e sono arrivato a un punto dopo tanti anni, in cui ho bisogno di tomare da dove ho incominciato, ho voglia di semplicità e questa è la qualità che mi viene richiesta all'interno dello spettacolo di Vasco.
EM: La voglia di iniziare a suonare ti è
scattata con la passione per un chitarrista in particolare?
M.S.: Non è stato un chitarrista che mi ha fatto scattare la molla ma l'ascolto della musica. Che mi trovassi una chitarra tra le mani capitò casualmente, fu un regalo di mia madre, ricordo che la pagò 800 Lire, cominciai ad accordarla come meglio potevo e da lì partì il resto. Già da bambino i miei avevano capito che ero portato per attività artistiche e così mi assecondarono. Il primo che mi abbia introdotto nell'universo della chitarra al di là della chitarra pulita, cristallina come la poteva suonare nei primi anni Sessanta George Harrison è stato Jeff Beck. All'epoca i suoi suoni erano considerati lunari. Poi sono arrivati tutti gli altri e con Jimi Hendrix è stata la folgorazione per tutti per non parlare dei Led Zeppelin, dei Doors o di Eric Clapton che ho amato e che amo ancora, tuttora mi viene la pelle d'oca quando lo ascolto suonare la chitarra.

EM: Tomando a Andrea Braido, non hai problemi a stare sul palco con una persona così esuberante?

M.S.: No, perchè abbiamo due stili completamente diversi.
EM: Quindi in qualche modo vi sentite complementari.

M.S.: Certo, d'altra parte lo spettacolo è basato sulle due chitarre: lui è il superfunambolico, io il romantico. È lo spettacolo di Vasco Rossi e ognuno collabora e dà il meglio di sè, penso che ci sia equilibrio e che si noti dallo spettacolo, lui ha la sua parte e io la mia. Cerchiamo il più possibile di non suonarci addosso, quando lui esegue la ritmica non la faccio io perché anche se tutti e due facciamo gli ottavi, di sicuro l'accento dell'uno sarà diverso da quello dell'altro.
EM: Sono cose concordate prima?
M.S.: Certo, abbiamo fatto mesi e mesi di prove. Dopo il tour dei palasport c'è stato un altro periodo di prove a Milano in cui scientificarnente con il nostro produttore abbiamo analizzato i pezzi e suonando abbiamo stabilito chi doveva intervenire dove.

EM: Comunque a parte il fatto che stasera non ti sei piaciuto, si vede che vi divertite.

M.S.: Nel tour dei palasport ci siamo divertiti molto soprattutto perchè noi musicisti sul
palco eravamo più vicini gli unì agli altri. Ora negli stadi uno suona lì, l'altro laggiù ... Quella parte del tour è stata molto bella, in questa non si riescono a fare più di due o tre concerti di fila, la scenografia dello spettacolo è talmente megagalattica che ci vogliono due giorni per montarla, quindi dopo un concerto si sta anche quattro giomi fermi. Così, interrompendo continuamente il feeling, capita che una sera vada tutto bene dal punto di vista tecnico e psicologico, un'altra invece un po' meno. L'una di notte è passata già da un po' e l'intervista va avanti da più di mezz'ora, saluto Maurizio Solieri che è stato molto disponibile e lo vedo allontanarsi con gli altri musicisti.