MAURIZIO SOLIERI
La chitarra del 'Blasco'
CHITARRE feb. 1988

di Marco Manusso
foto Fausto Ristori
  Un incontro con Maurizio Solieri,
uno di quei pochi chitarristi italiani a cui gli amanti del rock possono fare riferimento; uno dei musicisti che credono nel valore dell'immediatezza e della freschezza musicale.
 

 

 

Roma, Hotel Sheraton, il giorno dopo il concerto di Vasco Rossi al Palasport, ora di pranzo: nel salone si sente il tintinnio delle posate e i commensali guardano dubbiosi il sottoscritto, pensando subito ad una telecamera nascosta e ad una nuova marca di caffè, quando finalmente vedo stagliarsi le inconfondibili sagome della band, mascherate da scurissimi occhiali da sole e alle prese con quello che rimane di un pranzo-prima colazione in tipico stile ore piccole.
Mi siedo al tavolo in tempo per scroccare un caffè (telecamera nascosta?) e fare quattro chiacchiere con il gruppo, poi, risolti gli immancabili problemi esistenziali della combriccola del Blasco (orari degli aerei, valigie smarrite... - "mi presti il phon?") prelevo il Solieri e, raggiunto un tavolo tranquillo, estraggo il mini registratore e gli sparo l'intervista.
Prima comunque di riportare la nostra conversazione vorrei precisare che ritengo Maurizio Solieri uno dei pochi chitarristi italiani a cui possono fare riferimento gli amanti del rock, e soprattutto un musicista che non ha tradito quelli che lo seguivano fin dagli esordi, dimostrando che il successo non gli ha preso la mano... soprattutto sulla tastiera.
Cominciamo con la classica domanda di rito:
quando hai cominciato a suonare la chitarra?
All'età di undici anni avevo già una spiccata passione per le attività artistiche come il disegno, la recitazione, così mia madre mi regalò una chitarra e cominciai a prendere le prime lezioni di teoria dal maestro della banda. Lui suonava il clarinetto, e quindi dopo un anno sapevo molte più cose io sulla chitarra di quante me ne potesse insegnare lui... per cui smisi di andare a lezione. La mia conoscenza teorica é ferma da allora, il resto l'ho imparato da autodidatta on the road.
Quali erano i tuoi idoli in quegli anni?
Mio fratello era stato in America, grazie ad una borsa di studio, e al suo ritorno si era portato dietro i dischi di Elvis e quelli dei Ventures, quindi il rock and roll era nell'aria anche prima di cominciare a suonare la chitarra, capisci? Comunque devo dire che chitarristicamente sono stato influenzato dagli Shadows, dai Beatles, i Rolling e gli Yardbirds... Beck in particolare mi aveva folgorato con le sue timbriche, la sua sperimentazione sonora.
In che cosa consisteva la tua strumentazione?
L'amplificatore era un FBT 20W, e la chitarra... la famosissima EKO X 27. Con questa misera attrezzatura tentavo anch'io la sperimentazione sonora (leggi: FBT a manetta) cercando in tutti i modi di riprodurre il suono di Beck.
Poi ho scoperto che in realtà sono la mano e lo stile a definire il sound; ed è proprio così che rispondo a quelli che dopo i concerti mi chiedono quali sono i trucchi e gli accessori che uso per avere il mio suono. Oggi la tecnologia ha reso tutto molto più facile, accessibile, e penso che si sia perso molto di quello spirito pionieristico che animava tutti noi che siamo cresciuti musicalmente negli anni '60.
Torniamo alle influenze di allora...
Ricordo che una canzone in particolare mi mise veramente al tappeto: era "Mr. Tambourine Man" suonata dai Byrds, con la magica dodici corde Rickenbacker di Roger Mc Guinn. Poi è seguito il periodo blues con Clapton, sempre Beck, Hendrix, Page, Winter... insomma con tutti i veri capiscuola. Verso la metà degli anni '70 ho sentito l'esigenza di una maggiore crescita musicale, e nonostante odiassi quel genere, ho cominciato ad interessarmi al jazz, per imparare nuove scale, per conoscere nuovi territori, ed ovviamente la mia attenzione, come quella di tutti in quel periodo, è stata catturata dai gruppi che suonavano jazz-rock: la Mahavishnu Orchestta di Mc Laughlin e i Retum To Forever di Corea. Io però non mi sono accontentato di ascoltare queste nuove proposte, e sono andato dritto alle radici, alle fonti, buttandomi a capofitto nell'ascolto e nella lettura di tutto quello che passava sotto il nome di jazz, superando il disgusto di cui prima ti parlavo. Per qualche anno ho continuato in questa direzione e mi sono anche appassionato, poi, quando mi sono reso conto che dopo il free-jazz si trattava solo di un ritorno al passato... sono arrivato alla saturazione e ho smesso. Mi è rimasta comunque la mania di tenermi informato, di leggere ed ascoltare tutto quello che riguarda la musica, a prescindere dalle
etichette e dalle mode. In questo mi è stato d'aiuto anche il periodo in cui lavoravo come curatore di rubriche di rock e di jazz alla radio, insieme a Vasco.
In questo periodo che tipo di musica suonavi?
Per anni ho avuto un trio, alla Experience per intenderci, dove ero ovviamente obbligato a suonare contemporaneamente la ritmica e la solista, e,questo mi è servito molto e mi serve tuttora, anche se con Vasco il mio ruolo è prettamente,solistico... non so, può capitare che per un motivo qualsiasi devo ricoprire i due ruoli, beh, non c'é nessun problema, posso farlo tranquillamente.
A quel tempo non avevo ancora un'idea precisa di quello che avrei fatto da grande e così, quasi per prendere tempo, nel '76 ho fatto il militare, al mio ritorno avrei visto se era il caso di laurearmi o di continuare a suonare. Arrivato il fatidico congedo mi sono messo invece a lavorare a Punto Radio con Vasco e altri, avendo modo così di staccarmi da casa, dato che noi tutti vivevamo 24 ore su 24 alla radio, nel senso che lavoravamo, mangiavamo e dormivamo li.

Avevi deciso di fare il disc-jokey?

In un certo senso si, però devi calcolare anche il fatto che Vasco organizzava delle grandi feste, grazie alla fama della radio, nelle megadiscoteche della pianura padana, e all'interno di queste serate si esibivano un po' tutti quelli che gravitavano intorno alla radio... in sostanza era un doppio modo di fare musica, se vuoi passivo ai microfoni della radio ma sicuramente attivo quando ci esibivamo nelle discoteche.

Quando è arrivato il momento della prima incisione in sala?
Se ben ricordo ho suonato la chitarra acustica nel primo disco di Vasco, in un pezzo che si chiamava "E intanto il tempo crea eroi", o giù di li. Sono arrivato in sala, hanno mandato la base e io ho improvvisato... insomma... buona la prima. Nel secondo disco invece ho fatto tutto io: acustica, elettrica, pulita, distorta, slide, accompagnamento, assoli... tutto. In seguito ho fatto qualche esperienza come turnista, anche se non avevo nè la mentalità nè tantomeno la preparazione professionale per suonare indifferentemente qualsiasi genere musicale. Andavo allo Stone Castle di Carimate e prendevo parte ad alcune registrazioni, ma ti ripeto mi sentivo un pesce fuor d'acqua, e guai se spuntava qualche problema... mi bloccavo completamente. Te l'ho detto: non ho la stoffa del turnista, io suono bene solo quello che mi piace e quindi mi trovo bene con Vasco e Guido Elmi (produttore di V. Rossi, n.d.r.), dove non si tratta solo di eseguire delle parti da chitarrista, ma dove è richiesta una vera e propria collaborazione. Fin dagli esordi abbiamo sempre pensato molto, prima di mettere giù il prodotto definitivo, magari litigando per giorni o cercando di accontentare Vasco che ti chiede sempre il colpo di genio o la trovata mozzafiato. È sempre stato un rapporto di collaborazione molto intensa, soprattutto abbiamo sempre cercato il meglio, riflettendoci su magari per molto tempo, magari a casa, per arrivare con le idee chiare in sala di incisionee non perdere tempo nella ricerca degli arrangiamenti... non si tratta poi di perdita di tempo o di denaro... il problema sta invece nel fatto che se stai troppo su di un'idea, quando incidi perdi tutta la freschezza e l'incisività del famoso discorso 'buona la prima'... per me questa formula ha sempre funzionato: le prime chitarre che fai sono sempre le migliori...
che ti devo dire, negli ultimi dischi ho fatto le chitarre guida e poi alla fine sono diventate quelle definitive... ma quali chitarre guida! Le prime basi che butti giù hanno quella freschezza e quell'inventiva che poi inevitabilmente si perde per strada, poi ti ripeti e subentra la sindrome "tantopoilorifacciomeglio" e sei finito.

Nei dischi di Vasco Rossi il vostro apporto quindi non è mai da turnisti, come dicevi tu prima. Mi sembra che abbiate largo spazio, musicalmente, vero?

Noi del gruppo facciamo una grossa distinzione tra l'esecuzione live e quella in studio, e continuiamo a preferire la prima.
Sai, nei dischi c'è un notevole lavoro di ricerca, figurati, noi abbiamo Maurizio Biancani, che è il nostro ingegnere del suono, il quale è un certosino, un ragazzo eccezionale, un vero musicista, come testa, ed è capace di stare ore a lavorare con i suoni, le connessioni MIDI, insomma si diverte con tutte le diavolerie dello studio. Io sono invece un chitarrista che le sue parti le fa in pochi giorni, ecco, magari una volta ci prendevamo una settimana per le chitarre, adesso cerco di essere il più veloce e il più immediato possibile. In realtà mi piacciono le idee che metto nei dischi, ma poi continuo a preferire il modo in cui le eseguo dal vivo. Per rispondere invece alla tua domanda bisogna premettere che molto del materiale dell'ultimo disco l'ho scritto io, quindi è ovvio che non ci siano limitazioni musicali per quanto mi riguarda, non so, ad esempio "C'è chi dice no" e "Ridere di te" sono canzoni che avevo scritto qualche anno fa, e se vai a risentire i provini non c'è molta differenza. È ovvio che i suoni sono migliori nel disco, c'è qualche armonizzazione in più, ma le chitarre sono le stesse, l'idea e la melodia sono state rispettate. In "Ridere di te" mi sono ispirato ai Dire Straits... e si sente, dato che Mark Knopfler è uno dei miei chitarristi preferiti; il solo lo facevo così già tre anni fa...
magari è stato accorciato per problemi di tempo. In "Blasco" il solo non è stato per niente studiato: una volta capita la struttura del pezzo... vai! Insomma, tutto improvvisato. Le cose che ho fatto nell'ultimo e nel penultimo disco mi piacciono molto, anche se, come ti ho già detto, preferisco l'esecuzione dal vivo, in realtà non è che poi stravolga completamente quello che ho inciso, però è ovvio che col tempo si mettono a fuoco molte più cose. Devi anche considerare che lavoro quasi esclusivamente in funzione della canzone, della melodia... io ragiono molto a livello canzone, e non faccio mai un solo tanto per suonare qualcosa.

Già, in questa intervista si sta delineando il fatto che tu suoni sempre in funzione del brano dentro il quale ti stai muovendo, ma ti capita di lasciarti prendere la mano, ogni tanto, magari dal nuovo trucco?
Quando occorre uso anche il giochetto, ma non sono un grande amante di queste cose.

Che cosa ne pensi di questi nuovi mostri tipo Malmsteen?

Sai, non è che me ne freghi molto di queste tecniche sbalorditive. Chiaramente la prima volta che ho sentito il suo disco ho pensato "Che sballo!", poi al terzo ascolto, quando scopri che in realtà ti manca sotto la canzone non è che sia poi divertente sentire un miliardo di note e un pezzo che dice "Vichinghi unitevi! Siamo tornati sulle nostre navi...", no assolutamente. Io ho 34 anni e queste cose c'erano già nel '70 con i gruppi dark, forse a suo tempo qualche emozione me l'hanno data... ma non oggi.
Tu non sei quindi quello che aspetta come un killer il momento dell'assolo per rovesciare sul pubblico una raffica di note?
No... assolutamente, non ce n'è bisogno. Quest'anno ho riascoltato piacevolmente Peter Frampton, con David Bowie, e l'ho trovato cresciuto musicalmente, e questo è importante. Un musicista mi deve dare qualcosa, non mi basta essere stupito dalla tecnica, io voglio sentire il brivido, e sicuramente non me lo danno questi nuovi gruppi di heavy metal. Preferisco quelli che mi fanno divertire e che sanno costruire uno spettacolo, come Bon Jovi che non se la sta a menare con virtuosismi, ma almeno le canzoni non sono male. Io resto un grande amante di Knopfler, Lukater... un'altra scuola, questi te li ritrovi sempre tra le dita quando suoni... io ascolto tutto, anche le ritmiche di Nile Rodgers. Sono anche sempre stato un fan di Brian May dei Queen... poi è inutile che te lo stia a spiegare... ci siamo capiti!  Oggi i media ti tengono informato su tutto, quindi le tecniche, le attrezzature e gli effetti sono alla portata di ogni chitarrista, e magari proprio per questo pochi riescono ad essere originali e la gente mi viene a chiedere come faccio ad avere un suono particolare... proprio a me che a suo tempo, come magari anche tu, brancolavo nel buio per trovare le timbriche di Beck, senza che nessuno mi desse la minima informazione... Penso che però proprio quel periodo sperimentale sia stato utile per sviluppare, attraverso moltissimi errori, la propria personalità, il proprio suono. Non sono un fan del pre-CBS o del vintage: a me servono chitarre funzionali per lavorare... quelle d'annata le lascio ai collezionisti che le tengono in cassaforte. È chiaro che uso chitarre affidabili, non certo dei pezzacci di legno...

A me risulta che invece tu hai proprio la passione per i pezzacci di legno...

Dal vivo mai... però magari nei video mi piace farmi vedere con delle vere schifezze, mi piace giocare con queste cose, proprio per reazione alla mentalità dell'eroe della chitarra e anche perchè mi è sempre piaciuto travestirmi. Sai, io sul palco sono sempre molto serio, anche perchè penso che a volte ci vorrebbe un... vigile... non sono poi così rari gli scontri frontali, magari con l'altro chitarrista... quindi, come ti dicevo sono quasi sempre molto occupato a suonare le mie parti e trascuro il lato scenico, anche se sono sempre stato uno che cura il look, e così a volte mi prendo queste rivincite facendomi vedere, nei video, con quelle schifezze di cui parlavamo, anche perchè in realtà io non sono per niente serio come appaio sul palco. Non le userò mai queste chitarre... però mi piacciono troppol Ti ricordi la Davoli Bikini?... quella con il manico in alluminio?
mi sembra che fosse un progetto di Wandrè...
stupenda! Mi sembra giusto usare questi strumenti nei video, dove in fondo conta solo l'effetto scenico.

Parliamo invece delle chitarre che realmente utilizzi.

Per anni sono stato un Les Paul...ista, fino all'anno scorso, alternandola con una stratocaster artigianale, costruita da un liutaio di Bologna, sconosciuto, che l'ha costruita secondo le mie esigenze: corpo in acero massiccio, più grande del normale, manico Fender, meccaniche Shaller, due pickup Fender e un Di Marzio Super Distortion e, quando è uscita, la leva Floyd Rose... forse la più grande scoperta degli ultimi anni. Subito la chitarra suonava male, ma dopo un paio di anni è uscito il suono. Poi uso una Burns che ha un suono molto particolare... era una rimanenza di magazzino e io e Serse May ce ne siamo comprate una ciascuno, un ottimo affare. È quella che puoi sentire in "Vita spericolata".
La userei volentieri anche dal vivo, ma, per non fare troppi cambiamenti di chitarre, alla fine mi ritrovo ad usare solo la strato.

Per quanto riguarda l'amplificazione, che cosa usi?

Ho un Fender Super Twin collegato ad una cassa Fender con due altoparlanti JBL... di cui uno è partito e devo dire che per quest'anno aveva lavorato anche troppo, specialmente ai volumi che usiamo dal vivo. Le sonorità pulite vanno nel Fender e quelle distorte nel Marshall, ovviamente. Ho una pedaliera molto casareccia, anche perché non mi serve molto, formata da un deviatore per gli amplificatori, un chorus e un overdrive... il resto mi viene dato dal mixer... tutto li. Io cerco di avere il suono più pulito possibile, sul palco.

Abbandoniamo le questioni tecniche e torniamo al lato umano dello spettacolo: è un problema avere tutte le sere la grinta e l'aggressività necessaria per il tipo di spettacolo che offre Vasco Rossi?

Beh... a volte ti senti un po' appannato, non sempre hai la carica necessaria o la voglia di suonare... in questo caso subentra il professionismo. Cerco di mantenere comunque sempre uno standard elevato, e poi devi considerare il fatto che siamo una band molto affiatata:
magari anche in una serata di 'stanca' dopo un po' subentra il divertimento di suonare insieme... che ti posso dire, sulle 70 serate di quest'estate ci saranno stati due concerti... appannati. A volte sali sul palco che sei morto, magari per problemi che esulano dal fatto musicale: stress, viaggi estenuanti, discussioni... poi dopo qualche pezzo ti ritorna la voglia di suonare. Noi in concerto continuiamo a comportarci come nella vita di tutti i giorni, quindi scherzi, gag, trovate, battute... per dirti... io a metà del concerto faccio un solo abbastanza particolare che comincia con una frase ritmica, accordoni, riff, scale e poi mi interrompo bruscamente... la gente comincia a fischiare...
e allora parte il tema di 007 e, mentre il gruppo continua a suonare, io cammino sul palco come fossi James Bond, un occhio di bue mi segue... una specie di pantomima.. da ridere chiaramente, anche se non sempre il pubblico la capisce... ad esempio, a Roma sono rimasti un po' straniti. Poi tutta la band mi assale e ci ritroviamo in quattro o cinque sulla mia chitarra... insomma ci divertiamo e soprattutto non ci prendiamo mai troppo sul serio. Non so, su "Non mi va" io faccio un rap... in finto giapponese e, arriviamo a fare delle citazioni alla Duran Duran, facendo imbestialire il pubblico.

A proposito del gruppo: come va la Steve Rogers Band?

Nonostante in Italia ci siano dei grossi problemi per i gruppi, e malgrado siano dieci anni che di gruppi non ne escono più, esauriti i mostri degli anni '70, ci siamo fatti conoscere dal grande pubblico proprio perchè non siamo un bluff, suoniamo realmente, e il nostro stile è molto riconoscibile, prendi ad esempio il basso di Galina... anche nei dischi di Vasco è riconoscibilissimo, e penso che sia uno dei migliori bassisti rock in circolazione nel nostro paese. Noi abbiamo fatto questo disco, l'anno scorso, con la CBS e, rispetto alla media degli esordienti, non è andato male e tutti sono rimasti soddisfatti.

Come mai vi hanno fatto fare un disco, nonostante la nota diffidenza delle case discografiche nei confronti dei gruppi?

Era già nell'aria da molto tempo: noi abbiamo fatto un 45, come Steve Rogers Band, nell'81, con due pezzi tra l'altro molto carini che sarebbe il caso di rispolverare. Ma sai, a quel tempo Vasco non era ancora così noto, e il disco è stato distribuito... alla mamma, alla cugina, agli amici. Adesso molta gente lo cerca. E poi devi pensare che molta gente ci conosce, e che magari, a differenza di altri musicisti che accompagnano i cantanti e che rimangono nell'anonimato, noi ci siamo sempre fatti notare, tanto per il suono, quanto per il look... una lezione che abbiamo imparato dall'estero. Abbiamo così aspettato il momento più opportuno per uscire con il nostro disco, dopo il tour dell'85, quando la band si era ormai consolidata per quanto riguarda l'organico. I presupposti c'erano tutti, e così abbiamo optato per il disco. Penso che questo inverno faremo il secondo.

Avete fatto un vostro tour?

Certo... solo una dozzina di date, a livello promozionale, però quelli che venivano fortunatamente non venivano per sentire il gruppo di Vasco, magari urlando: "Facci, Siamo solo noi", ma erano intenzionati a sentire la nostra musica, e devo dire che se ne andavano molto soddisfatti, entusiasti. Abbiamo visto le stesse cose che avvenivano per Vasco agli inizi. Assolutamente non voglio dire che abbiamo intenzione di staccarci da Vasco o diventare dei nuovi idoli... assolutamente no, a noi basta suonare quello che ci piace e basta. In sostanza si tratta di una situazione che esisteva già prima di Vasco e che può tranquillamente coesistere senza alcun problema. In fondo con lui suono anche delle mie canzoni, quindi vedi che il conto torna.